Storia

Ebbe più nomi: per primo, quello popolare di “piazza della Posta”, per indicare la presenza degli uffici, nell’affiancato palazzo affacciato su via N.Bixio, ed utilizzato dalle regie Poste italiane provenienti dalla sede di via A.Castelli: più vicini alla stazione ferroviaria e di arrivo dei primi mezzi intercittadini come gli Omnibus.

In seguito divenne ufficialmente “piazza Felice Cavallotti”, e così è citata dal Novella negli anni 1900-1930, aperta su via Milite Ignoto e su via U.Rela. 

Il 19 agosto 1935 il podestà firmò la delibera di titolazione a “piazza Sabaudia” (città laziale nell’agro pontino)

Titolo che le rimase fino al 23 marzo 1944, quando il Commissario prefettizio deliberò per l’ intestazione  col nome attuale. 

 

Il terreno  nel 1757 faceva parte della vasta proprietà di Giuseppe Doria, apparentemente senza una villa propria e quindi prato, destinato al mantenimento di animali (cavalli forse, visto vicino la ‘zona delle stalle’). Nelle successive carte dell’ottocento appare già strutturata a più ampio giardino con il segno di una vasca centrale; infatti, nel 1850 circa, con la costruzione della linea ferroviaria, tutto il  lungo spiazzo-giardino, fu ridimensionato, tagliato e ridotto: a  nord della palizzata fu lasciato un più vasto terreno che volgarmente veniva chiamato “o prou” ove esisteva anche un gioco delle bocce (le strade vicino di contorno, ora via Orsolino ed U.Rela, furono di conseguenza dapprima chiamate via Prato).    

1980 senza palma
1980 senza palma

Ancora nel 1908, il terreno non appare incluso nei terreni di proprietà comunale e quindi soggetto - come tutto attorno- alla selvaggia erezione di palazzi degli anni tra il 1870 e 1920: esistono documenti depositati all’Archivio S.Comunale di richiesta di vendita del terreno; quindi malgrado lo spazio allettasse più d’un costruttore, fu infine deciso dal Comune di  ricuperarlo a piazza pubblica,  quale ora, divenendo per la sua centralità “il salotto buono” di San Pier d’Arena.  

 

Fu restaurato e ripulito nel 1975, ma subì da quel tempo la presenza -per anni- di un attivo centro di spaccio di stupefacenti, che fecero della zona un punto da evitare; ‘perseguitati’ dalle forze dell’ordine, traslocarono altrove lasciando spazio a riunione di extracomunitari – forse albanesi - che trovarono nella piazzetta luogo di incontro tra loro.

1980
1980

1997 – asfaltata
1997 – asfaltata

Nel complesso -ed in pratica-,  è stata generalmente, gravemente ed a lungo trascurata dall’amministrazione pubblica. Nel nov.1999 si annunciò trionfalisticamente che il CdC aveva approvato il progetto in base al quale oltre al rifacimento dell’illuminazione, giochi d’acqua nella fontana ripulita, ecc., la piazza “ritornerà agli antichi splendori con al posto dell’asfalto un ‘accoltellato’ di mattoni di colore rosso cupo, com’è nella tradizione genovese”(dalla terra battuta, in cartoline dell’inizio 1900  appare pavimentata a lastroni di pietra che, per praticità nel dopoguerra furono coperti da asfalto, si è passati a mattoni rossi come in piazza Modena, forse sempre meglio di nulla anche se  non mi pare vero che esista simile tradizione! Forse l’acquisto –come le palme- di grossi quantitativi di mattoni, oltre al risparmio favorisce la creazione di una ‘nuova tradizione’). Le lungaggini burocratiche (legate  a competenze operative nell’ambito delle varie sezioni comunali con necessità di una delibera della giunta che assegnasse la responsabilità dei lavori ad una di esse) ritardarono l’iniziativa di due anni.  A fine 2001 infatti -con una spesa prevista di 300milioni circa e finita a 450milioni - iniziarono i lavori su progetto dell’arch. Cassini, terminati 18 mesi dopo, inaugurati il 27.7.02:  tolto l’asfalto, la messa in atto della pavimentazione a mattoni rossi, poggiati in costa su sabbia drenante;  sotto gli alberi è stato formato un corridoio in ciottolato che separa la zona centrale dai marciapiedi laterali.

foto 2002
foto 2002

È stata rifatta l’illuminazione che era a lampade appese con fili, ora con lanterne in ghisa su mensola; sostituiti alcuni alberi, che ora sono 19 più due palme; ripulita ed aggiustata la vasca (vedi sotto).

 

Numerosi sono i progetti futuri; da mostra all’aperto di pittori, ripristino del banchetto di frutta e verdura. Ed altrettanto numerose si sono succedute sedi di commercianti, artigiani (macelleria, pasticceria, ristorante, osteria, parrucchiere, mobilificio, tessuti, focacceria, erboristeria) ciascuna famosa e ricordabili solo per la generazione che le ha vissute. 

La Fontana


Al centro  una bella fontana la cui storia è emersa in due versioni solo in tempi molto recenti, all’atto dell’ultimo restauro.

L’origine e lo scultore della vasca sono stati a lungo sconosciuti. Si pensò anche ad un trasferimento dalla vicina villa Centurione-Carpaneto quando fu ridimensionato il vasto giardino.

 

La prima descrizione è di Remedi, il quale cita  un verbale della riunione della giunta comunale datato 28 maggio 1906, ove si legge della possibilità di costruire una fontana in piazza Giovanni Bovio (attuale piazza N.Barabino) su progetto (arch. Egisto Bellini) e realizzazione della Società Unione Scalpellini e Selciatori Genovesi, detti dell’Ansaldo; i quali -non senza tornaconto (visto le numerose commesse a loro affidate)- volevano dimostrare la loro bravura e devozione alla città di san Pier d’Arena. Ancora Remedi scrive che tutto il progetto fu approvato ed intanto presentato alla fiera Universale di Milano dello stesso anno. Ma le cose non filarono lisce: i pezzi furono invece montati in piazza Felice Cavallotti (oggi Settembrini); nel 1908 la cooperativa entrò in crisi; la giunta cambiò colore ma accordò un anticipo di lire cento a fronte di richiesta di sovvenzione, che divennero 5625,92 nell’aprile 1909 come da delibere (il giorno 1 e 20) della Giunta, la prima delle quali vistata dalla regia Prefettura il 16.

La seconda versione scrive che fu  realizzata nel 1908 pare su proposta ed offerta degli ansaldini  (del loro circolo in particolare che aveva sede vicino, in via U.Rela ai civv. 1n e 3r) ed con opera della «soc. an. Cooperativa di Costruzione per Lavoranti Muratori ed Affini» (con sede in via UmbertoI civ. 45rosso; essa però chiese al Municipio un acconto di £.4000 per le spese sostenute per la “costruzione della vasca”)

 Il basamento è a scalini di marmo, con forma di croce di Malta; alcune decorazioni della vasca sono di tardo liberty  anni 1910 (stesse decorazioni presenti al Campasso nel palazzo dei macelli). In alto un amorino stringe un grosso pesce. Forse il putto, che sembra più antico dell’insieme, era già appartenente ai giardini della villa e -se fosse così- sicuramente fu lui a condizionare la destinazione del terreno di questa piazza comunale.

Ma stranamente neanche il Novella la cita, pur essendo l’unica fontana della città (a parte quella dentro i giardini di villa Scassi), forse perché non c’era o fu innalzata dopo, non si sa.

Dopo decenni di attesa, fu ripulita, impermeabilizzata, e riattata nel 1994; poi   nell’aprile  2000 provocatoriamente ed in  parte a scopo politico la fontana fu ripulita delle alghe, incrostazioni e ‘rumenta’ varia, da una squadra  di volontari detti bonariamente ‘acchiappaschifezze’ dei Verdi;  ed infine riattata nei marmi e nell’idraulica a fine luglio 2002

 

Gli alberi che la attorniano, nelle foto degli anni attorno al 1910 si vedono appena appena collocati in sito, piccoli e minuti, a testimonianza che lo spazio fu adibito a piazza in quegli anni. Si racconta che un uragano a metà degli anni 50, riuscì ad abbattere una palma,  e che per lungo tempo non fu sostituita, lasciando l’aiuola rotonda vuota ***. Oggi, le palme ai due estremi sono contornate da un anello di alberi ad alto fusto; (delle palme, quella a levante, centenaria, è stata sostituita nel 2002 giudicandola malata (le erano state riscontrate delle cavità e fenditure interne al tronco, pericolose alla sua stabilità ed a rischio cedimento al vento, visto la vasta chioma);  mentre degli alberi attorno  qualcuno  è stato cambiato per necessità naturali, come la robinia localizzata più vicino a via U.Rela che stava rigermogliando dal tronco precedentemente tagliato e che è stata sostituita all’ultimo restauro del 2002 con un acero; anche un platano non c’è più. Oggi di alberi se ne contano 7 dal lato ferrovia ed in totale 17, così ripartiti: 3 nuovi aceri, 4 bagolari (o spaccasassi), 7 tigli, 2 robinia pseudoacacia, 1 ippocastano). L’angolino a ponente, più vicino alla ferrovia, è stato da sempre occupato da persone che entrarono nel folklore cittadino: nell’84 morì ultranovantenne la Gilda, che vendeva le caldarroste all’aperto, nei rigidi inverni, coperta da uno scialletto, amata da tutti; poi, più attrezzato, c’è stato un chiosco che vendeva frutta e verdura ed in stagione anche cocomeri (un breve periodo di abbandono del manufatto per avvicendamento, ha fatto gridare allo sconcio). Per anni, nella parte a levante invece, c’era una bancarella di libri usati, gestita da “Giuseppe”, che certo non faceva concorrenza alla libreria vicina ma al contrario serviva piuttosto a fare della piazzetta un “centro lettura”.

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